IT TAKES YOU AWAY, recensione di Saki

Non mi sono stupita affatto di scoprire che Ed Hime, l’autore di questa penultima puntata della stagione, scriva tra le altre cose per la radio. Dall’inizio alla fine, It Takes You Away ha l’atmosfera di un audiodramma Big Finish, o addirittura di un romanzo. Un po’ Neil Gaiman, un po’ Douglas Adams, non originalissimo ma profondo e piacevole.

Le descrizioni, il modo di raccontare le vicende mentre avvengono, sia con lo stile di dialogo tra i personaggi che con i suoi contenuti, portano con sé la completezza tipica di una forma di racconto senza immagini.
Proprio per questo, tra le pecche dell’episodio c’è proprio l’effetto didascalia, la ridondanza di informazioni che si discosta dal linguaggio televisivo tradizionale.

Ma se questo effetto fosse voluto? Se, in parallelo al punto di vista del Dottore e dei suoi companion, ci fosse quello di Hanne? Ecco che cos’è It Takes You Away: una storia da vivere sia con gli occhi aperti che con gli occhi chiusi. Immaginate di ascoltare la scena in cui Ryan legge la scritta del Dottore sul muro, senza poter sapere cosa ci sia scritto realmente: sinceramente mi è salito un brivido.
Anche l’incontro fra il Dottore e il Solitract funziona benissimo provando a riempire i vuoti con l’immaginazione, proprio come in un’avventura audio. Provate: è un bell’esercizio, una nuova prospettiva…
La prospettiva costante di chi davvero non può vedere.

Questa volta però non si può dire che ci sia una morale scontata, o espressa con troppa enfasi o retorica. Hanne è innanzitutto una bambina, cieca alla realtà prima di tutto per la fiducia che ripone nel padre, – tutto il suo mondo, il suo punto di riferimento – piuttosto che per la propria disabilità. Anzi, questa diventa un suo punto di forza quando incontra il Solitract, percependo l’inganno a differenza del padre.

Ciò che si vede è falso, o inutile, o la proiezione di sentimenti e ricordi altrui. Ciò che rimane, che è importante e significativo, si può esprimere anche soltanto a parole – concetti istintivi come l’amicizia o la famiglia non hanno una forma o un colore.
E sì, d’accordo, questo formato non è televisivamente immediato, ma è sicuramente scritto nel linguaggio universale del nostro Dottore. Chiudete gli occhi e aprite il cuore.

– Saki

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