A Town Called Mercy – 10 anni dopo

Avrete notato che le mie non sono mai vere e proprie recensioni. Non vi racconto la trama dell’episodio, do per scontato che la sappiate se siete su un sito (o una pagina che vi rimanda al sito) che parla solo di Doctor Who e leggete una recensione con spoiler. Non vi parlo in modo approfondito di aspetti tecnici come regia, fotografia o effetti speciali. Non è il mio campo e persone migliori hanno già detto più di quanto possa mai dire io.
Io mi limito a riguardare la puntata da recensire e poi parlarvi di quello che mi preme dirvi a riguardo. Perchè è così che mi va. Perchè di recensioni vere ce ne sono quante ne volete.
Dopo tutto questo preambolo eccoci a parlare di A Town Called Mercy.
Di cosa voglio parlare su questa puntata? Al volo: bellissima l’atmosfera western, è strano che non facciano più puntate così; bellina la trama, coinvolgente quanto basta; interessante il comparto fantascientifico, in particolare notevole il design del cyborg e la sua caratterizzazione.
Potrei dilungarmi su questi aspetti, scrivervi una bella paginetta e pubblicare il tutto. Ma questa è una puntata minore, non si può negare. È tutto bello (il design del cyborg mi piace davvvero!) ma non ci sono veri picchi. Difficilmente troverete qualcuno che dice “A Town Called Mercy è il mio episodio preferito”. Ma neanche che dica “è il migliore della settima stagione”. E allora non perdiamo tempo a parlare della puntata in sè, è un ottimo episodio di transizione, di quelli che rendono solida e godibile la struttura di una stagione.
C’è invece una cosa in particolare di cui voglio parlare, cioè la caratterizzazione di Rory. Quando ci viene presentato la prima volta tutti si chiedono come Amy possa stare con lui. Per alcune puntate viene lasciato da parte e poi trascinato sul Tardis solo per scomparire dall’esistenza. Letteralmente. Il suo ritorno a sorpresa come centurione romano e tutto quello che segue lo consacra come uno dei personaggi migliori mai apparsi in Doctor Who. E da lì in poi è tutto un trionfo. Altro che se si merita Amy. Capita più spesso che ci chiediamo se sia lei invece a dover lottare per meritarsi cotanto fidanzato. È coraggioso, leale, sempre positivo, pieno di risorse e inarrestabile. Ma più di ogni altra cosa è buono.
Tranne che in questo episodio. Intendiamoci, non diventa improvvisamente il Maestro (come qualcuno sospettava), ma mostra un lato pragmatico che stona un po’ con quello visto prima. Non è neanche del tutto incredibile, per salvare Amy ha messo in ginocchio i Cybermen in precedenza. Il problema è che non è così nelle puntate precedenti e non lo è nelle successive. Se un Dottore inaspettatamente crudele in Dinosaurs on a Spaceship non stupisce conoscendo l’undicesimo, un Rory pronto a consegnare a un assassino un prigioniero inerme è strano. Certo, possiamo cercare una somiglianza tra i due personaggi che rimane nascosta ad una prima occhiata, ma è un po’ tardi per aprire tale discorso. Il dissidio tra i protagonisti è il motore principe della narrazione e in questo caso è assolutamente funzionale alla storia raccontata, ma a scapito di un arco ben costruito. Contando che nell’ultima mia recensione (Asylum of the Daleks) mi sono lamentato della trama del divorzio dei Pond che arrivava da nulla e nel nulla finiva, per quanto ben raccontata, mi rendo conto che forse la settima stagione è rimasta un po’ raffazzonata per arrivare in fretta al midseason e all’addio dei Pond.

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