Asylum of the Daleks – 10 anni dopo

Mi sono innamorato di Doctor Who con Il Bambino Vuoto, lo ammetto. Nelle stagioni successive le mie puntate preferite erano sempre quelle scritte da Moffat. Immaginate la mia gioia quando fu annunciato come showrunner a partire dalla quinta stagione. Storie nuove, Dottore nuovo, perfetto per riprendersi dopo lo strazio della rigenerazione del Decimo. E ho amato la quinta stagione, è la mia preferita. So che molti non sono d’accordo, ma tant’è. Amo quella stagione e l’Undicesimo è il mio Dottore preferito. Adoro Un Canto di Natale e potete leggere la mia recensione negli archivi.

La sesta stagione la trovo un po’ inferiore, ma soprattutto a causa del solo Uccidiamo Hitler. Di per se è un buon episodio, ma secondo me spezza troppo la stagione e sgonfia completamente ogni costruzione di Un Uomo Buono Va alla Guerra, senza neanche qualche episodio di raccordo nel mezzo. Poi arriva Il Dottore, la Vedova e l’Armadio che è uno speciale che mi piace molto (anche di questo trovate la mia recensione), ma è ovviamente uno speciale minore.

Giusto per farvi capire come arrivo a Il Manicomio dei Dalek.
Parliamo subito di Jenna Coleman. Moffat scrive un personaggio fantastico, la ragazza dei sufflè (e fa dei sufflè impossibili, che uova non ne ha…). Si conoscevano alcuni rumor, i Pond stavano per andarsene e lei sembrava dover essere la nuova companion. Usare i rumor per creare un colpo di scena che davvero funzioni è così metanarrativo che sono sicuro che Moffat ci rida ancora adesso. È lei la vera protagonista della puntata, il personaggio attorno al quale ruota la storia. Per questo il finale è così potente e spaventoso.

Così come (per l’ultima volta?) sono spaventosi i Dalek. Ma questo lo sapevamo. Quello che invece non sapevamo è che c’è qualcosa che spaventa persino loro. Per affrontare ciò cosa c’è di meglio se non chiedere l’aiuto del loro peggior nemico? Ed ecco la premessa della puntata, mandare il Dottore e i suoi fidati compagni ad affrontare dei Dalek talmente folli da essere un pericolo persino per l’Impero Dalek. Bella idea e resa con la giusta costruzione della tensione. Siamo di fronte a una follia talmente profonda e bruciante che infetta chi ne viene in contatto. La trasformazione degli esseri umani in veri e propri Dalek ne è metafora perfetta.

Ma veniamo alla parte che funziona meno, il divorzio di Amy e Rory. Sia chiaro, la loro dinamica è scritta bene, la frattura è credibile. Su questo è difficile che Moffat si sbagli. Inoltre ha il pregio di mostrare gli strascichi fisici e psicologici che devono affrontare i due dopo le vicende della sesta stagione e che in quell’arco erano inspiegabilmente evitati. Il problema è che il tutto arriva dal nulla, senza preparazione, e che una volta risolto nel finale (la scena è bella e Karen Gillan e Arthur Darvill sono sempre fantastici) non se ne parlerà mai più.

In conclusione la puntata in se è molto buona, ma fallisce un po’ nell’essere l’inizio di un arco stagionale solido. È poco influente nella storia di Amy e Rory e non presenta ancora bene la Ragazza Impossibile. Ma l’arco narrativo orizzontale è il problema principale della settima stagione, in effetti, quindi mi sa che non possiamo dare chissà quali colpe a questa puntata in particolare. Poco male, dai.

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