Quando il Detective incontrò il Dottore, part II – di Tardis

parte I

Rosenlaui era il tipico paesino di montagna, immerso nel nulla e lontano dal mondo civilizzato, ottimo per chi vuole prendersi una pausa dalla frenesia delle grandi capitali europee. Forse non proprio l’ideale per un detective al limite della schizofrenia, un dottore che è stato sradicato dalla sua linea temporale ordinaria, una nipote preoccupata e sull’orlo delle lacrime e un viaggiatore del tempo che passeggia e ammira il paesaggio come se fosse in gita scolastica.
“Allora, da quanto vi conoscete tu e il tuo compare?” chiese a Donna.
Nonostante la rabbia, John era comunque curioso di sapere chi gli fosse piombato davanti di colpo, e sentiva che nonostante tutto erano brave persone. Solo leggermente più stralunate del solito, ma lui era abituato a Sherlock Holmes, quindi il problema era facilmente risolvibile.
“Beh, mi ha salvato da un potenziale matrimonio fallimentare. Il mio ex mi ha piantato per un ragno gigante, sai com’è… poi ci siamo incontrati di nuovo tempo dopo, mi ha proposto di viaggiare con lui e ho accettato. L’ultima volta eravamo a un party ambientato negli anni ‘20 e abbiamo incontrato anche Agatha Christie! L’abbiamo persino salvata da una vespa gigante che aveva architettato un omicidio solo per lei.”

Nel frattempo, il Dottore era estremamente elettrizzato nell’avere di fianco una persona di intelletto quasi pari al suo con cui poter parlare liberamente. Ovviamente Sherlock pensava lo stesso del Dottore.
E, ovviamente, nessuno dei due lo avrebbe detto ad alta voce per non offendere l’altro e per non dimostrare la propria innegabile superiorità intellettiva.
“Quindi, lei presume che dietro tutto questo ci sia Moriarty?” gli domandò il detective.
“Esatto! Non so ancora perché o per come, ma sono convinto che ci sia sotto il suo zampino. Queste sparizioni sono troppo casuali…”
“Talmente casuali che potrebbero quasi formare una pista. Come delle piccole briciole di pane sufficientemente piccole da essere invisibili ma abbastanza grandi da essere notate solo da una mente abbastanza attenta.”
“Mi leggi nel pensiero. Magari tutte le persone scomparse erano collegate in qualche modo. Magari guardando le loro conoscenze, per capire in che modo possano essere collegate a Moriarty.”
“Credo che lei si stia complicando troppo la vita, Dottore. Non serve trovare il collegamento con Moriarty, bisogna trovarlo tra le persone stesse. Che tipo di abitudini hanno, il loro cibo preferito, che luoghi visitano. In questo modo si può risalire al possibile luogo di incontro con Moriarty e avere una linea temporale precisa.”
“Proprio quello che stav-, no, aspetta. Tu stai seriamente parlando a me, un Signore del Tempo di 900 e passa anni, di linea temporale? Ma stiamo scherzando?!”
“Beh, se non è in grado di pensare alla sua materia da solo, ha bisogno di una mano dalla persona più intelligente presente qui.”
“E scommetto che tu ne saresti più che felice. Andiamo, sei un ragazzino per me. E non hai tutta la conoscenza che possiedo e che ho accuratamente accumulato nel corso dei secoli.”
“Quale conoscenza? Quella più inutile che mi permette di sapere cosa gravita intorno a cosa? Ho cose ben più importanti a cui pensare che a una sottospecie di turista galattico che si ferma a fare autostop sulla Terra come se fosse sulla strada per Disneyland Paris.”
“Come ti permetti?! Autostoppista? Piccolo impertinente che non sei altro! Almeno io non ho bisogno di fermare il tempo per pensare alla mia prossima mossa o rinchiudermi nel mio palazzo mentale quando voglio evitare i miei problemi, signor Faccio finta di morire ma in realtà sono vivo e vegeto!”
“Stammi a sentire…”
“LO ABBIAMO TROVATO! Dottore, l’abbiamo… ma che stavate facendo?”

John e Donna li trovarono sul piede di guerra, il fumo che usciva dalle orecchie di entrambi e gli sguardi talmente agguerriti che sembrava dovessero iniziare a combattere con i propri Pokémon da un momento all’altro. Fu John a prendere la parola e a riportare tutti all’ordine.
“Abbiamo trovato Wilfred, non è molto lontano da qui. Siamo solo andati nella direzione sbagliata.”
“HA! Visto che avevo ragione io, Dottore? Dovevamo andare subito a Reichenbach.”
“Ma se appena ho detto di andare a Rosenlaui eri d’accordo con me!”
“Perché sapevo che avrebbe sbagl-”
“Sherlock. Basta così.”
“Ma John…”
“Sherlock.”
“Non era socialmente accettabile concordare con gli altri?”
“Ma tu li leggi mai i foglietti che ti scrivo?”
“No, li trovo inutili, e generalmente li butto nel camino.”
John prese un respiro profondo, decisamente profondo, e riprese a parlare.
“Wilfred si trova in un albergo a Reichenbach, non molto lontano da qui. Donna crede che se ci avviamo subito, per ora di cena potremo tornare tutti al nostro tempo e alle nostre abitudini, cosa che farebbe davvero piacere a tutti noi, dico bene?”
“Direi di sì, e poi Dottore, non vorresti una bella tazza di tè freddo?”
Sì, Donna e John erano decisamente spaventati all’idea di un battibecco tra i due, cosa che si potrebbe riassumere tranquillamente con un enorme fungo visibile dalle Alpi.
“E va bene, andiamo. Ma stavolta, vorrei scambiare quattro chiacchiere con lei, John. Da Dottore a dottore.”
“Con estremo piacere.”

“Ma che coincidenza! Siamo entrambi di Londra e non ci siamo mai incrociati, riesce a crederlo?”
“Beh, non mi stupirei troppo. Sa, sono molto riservato e tendo a non uscire molto se non per cose di prima necessità…”
“Sono assolutamente d’accordo. Più di una volta ho detto a mia figlia di darsi una calmata e godersi un pomeriggio in famiglia, ma lei no. Certe volte è una tale spina nel-”
“NONNO!” la voce squillante arrivava dall’altra parte dell’albergo, e lui avrebbe potuto riconoscerla tra mille.
Nello stesso momento, entrambi gli uomini si girarono verso la porta e si bearono nel vedere i loro cavalieri dalle scintillanti armature che li avrebbero tratti presto in salvo da quella prigione.
Wilfred e Donna si riabbracciarono e rimasero stretti a lungo sotto il sorriso del Dottore. Per quanto riguarda la persona con cui Wilf stava parlando, sfoderò la sua migliore poker face davanti a quello che in teoria sarebbe dovuta essere la sua nemesi e, nel tono più soave che poté, pronunciò una parola che difficilmente si sarebbe sentita di nuovo da lui.
“Amici!” Sherlock e Watson si guardarono visibilmente confusi.
“Scusa, amici? Dopo che hai tentato di farmi saltare in aria?”
“Massì, era un giochetto. Sai quanto mi piacciono i giochi, e poi se non si rischia qualcosa non è divertente, no?”
“Classico. Quasi prevedibile, direi, Moriarty.”
“Prevedibile? IO?! Andiamo, Sherlock, non pensavo che tu mi trattassi come fa tuo fratello…” La sua faccia adesso sembrava quella di un cucciolo che sta per essere abbandonato in autostrada ma desideroso di restare ancora un po’ con la sua padroncina.

“Allora? Ci siamo tutti? Possiamo andare? Ah, nel mentre, piacere, il Dottore,” disse stringendo la mano di Moriarty “e adesso ti riportiamo a casa con il Tardis.”
“No, un attimo, Dottore. Perché dovremmo farlo?”
“Per spirito di abnegazione? Dai, John, non avresti il coraggio di abbandonarmi qui.”
“Lui no, ma io potrei.” Sherlock era impassibile, mentre Moriarty sembrava gustarsi quell’inespressività “Dopotutto, è colpa tua se siamo dovuti venire fino a qui, no?”
“Come colpa sua? Ma se l’ho conosciuto adesso, e mi sembra una persona molto simpatica.”
“Nonno, lui è Moriarty, il nemico di Sherlock Holmes.”
“Quindi tu sei venuta a salvarmi da lui? Ecco perché tutti erano stupiti quando ho iniziato a fare foto con il mio telefonino…”
“Esatto, Wilf. E adesso torniamo a casa. Ma dimmi Sherlock, come ci sei arrivato a capire che fosse proprio lui? Insomma, gli Angeli Piangenti difficilmente ascoltano qualcuno.”
“Elementare, Dottore. Se conoscesse Moriarty come lo conosco io, non si stupirebbe del suo comportamento infantile. Deve aver pensato di aver trovato un nuovo gioco e, come al solito, la cosa gli è sfuggita di mano.”
“Oh, così mi ferisci, Sherlock. E poi scusa, a chi non piace un bel trucchetto di magia? Io mi stavo semplicemente godendo lo spettacolo di queste magnifiche sparizioni con in mano una busta di popcorn. Okay, forse quando mi sono ritrovato dal nulla in mezzo alle montagne invece che su una panchina del cortile dell’ospedale San Barts avrei dovuto arrivarci. Forse anche quando poco prima mi è sembrato di avere la statua di Enrico VIII alle spalle avrei dovuto sospettarlo…”
“Okay, bene. Ora possiamo tornare a casa, Dottore? Credo di aver bisogno di una tazza di tè caldo” sospirò Donna esausta, ma finalmente più tranquilla.
“Concordo con lei, per oggi abbiamo avuto abbastanza avventure. Vero?” John lanciò un’occhiataccia abbastanza eloquente a Sherlock, che di rimando si strinse nelle spalle e squadrò un Moriarty talmente eccitato da pensare che quello che stesse bevendo non fosse tè.
Non solo, almeno.

“Bene, le nostre strade si dividono qui. Signorina Noble, Wilfred, Dottore. Mi scuso ancora per il piccolo inconveniente che Moriarty le ha provocato…”
“Senti, volevo vedere se non ci fosse una parete extra o un doppio fondo. Era per verificare se fosse effettivamente più grande all’interno. A te fa piacere un po’ di sana curiosità scientifica, no?”
“Sì, ma non c’era bisogno che ci lanciassi una pietra contro, santo cielo!”
“Ops… pensiamo al lato positivo, Dottore, ho verificato la resistenza della sua nave, no?” Donna, Wilf e il Dottore lo fulminarono. John alzò gli occhi al cielo. Sherlock, ormai, era abituato.
“Bene! Sherlock, John, è stato un onore e un privilegio viaggiare con voi. Moriarty… prossima volta, basta chiedere, che ne dici? Ah, e se avete voglia di una tazza di tè, basta chiamarmi e vi raggiungiamo!” e il Dottore rientrò nel Tardis per prepararlo alla partenza. Donna e Wilfred lasciarono i rispettivi numeri di telefono a John con la promessa di rivedersi e augurandogli di continuare a scrivere, perché aveva un futuro. Per Sherlock bastava una vigorosa stretta di mano, e lui per ricambiare regalò una scatola di Lapsang Souchong a ciascuno.
“Ehi, ma dove è sparito Moriarty?”
“Lascia perdere, Donna. Non preoccupati per lui, lo troveremo.” assicurò John.
E dopo un ultimo saluto, Wilfred e Donna raggiunsero il Dottore.

Il detective e il dottore guardarono il TARDIS sparire accompagnato da quel suo strano cigolio con un misto di gioia e malinconia.
“Perché non hai approfittato del suo favore? Avresti potuto andare dove volevi.” chiese John sulla strada di casa. Il Dottore aveva dato la possibilità a Sherlock di fare ancora un viaggio, ma lui aveva rifiutato.
“Preferisco non superare i limiti del mio scibile. Se iniziassi a credere a cose come i viaggi nel tempo e a prendervi parte, sarei talmente coinvolto dalle infinite possibilità di loop temporali che finirei per eccellere anche in quel campo, con il rischio di diventarne Maestro.”
“Sempre modesto, vedo.”
“Elementare, Watson.”

4 maggio 1891
Englischer Hof, Meiringen


“Mi deve credere! Sono spariti nel nulla!”
“Lei ha bevuto troppo whiskey, vero? Non è possibile che un gruppo di sei persone sparisca nel nulla. Magari stavano semplicemente scalando la montagna e a lei è parso sparissero in mezzo alle cascate.”
“Le dico di no!”
“Va bene, Doyle. Adesso si rilassi, torni nella sua stanza, beva una camomilla e si riposi.”
“Non posso. Devo documentarlo. Devo scriverlo finché è vivido nella mia memoria. Mi dia carta e penna, presto!”
“Lei è psicopatico…” disse l’albergatore, e se ne andò lasciando quello strano ospite ai suoi deliri.
“Non psicopatico… ispirato.” e scrisse per tutta la notte, non curandosi di mangiare o bere.

«È con cuore molto pesante che prendo la penna per scrivere queste parole, le ultime con le quali avrò mai più occasione di ricordare al mondo le straordinarie capacità che il mio amico Sherlock Holmes possedeva.»

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