WORLD ENOUGH AND TIME, recensione di Dalek Oba

Credo che questa recensione sia stata la più difficile da scrivere in assoluto. Ma non si sa mai eh, manca ancora il finale di stagione!
Ho tantissimo da dire, e allo stesso tempo sono combattuta sul come dirlo: una parte di me ha trovato l’episodio oggettivamente bellissimo – con il valore aggiunto del ritorno di John Simm, un attore che mi piace davvero tanto – e un’altra è rimasta totalmente sconvolta dagli eventi. Senza contare che, ripeto, manca ancora il finale, che potrebbe cambiare del tutto le carte in tavola. Ha senso scrivere una recensione quando ne manca ancora un pezzo? Non ne ho idea, proviamo. World Enough and Time, recensione di Oba!

L’inizio si dipana su tre piani temporali diversi, partendo da quello palesemente più avanti nel tempo e procedendo a ritroso. Se l’idea era quella di cominciare col botto, ci sono decisamente riusciti, perché… il Dottore si rigenera. È ovviamente un fatto che tutti sappiamo già da parecchio, però il modo in cui viene proposta la scena, così all’improvviso e senza preamboli, riesce in ogni caso a creare sorpresa.
Tanto più che subito dopo parte il primo flashback. Missy che si spaccia per il Dottore (anzi, per Doctor Who!) è uno spettacolo nello spettacolo, i momenti di dialogo fra i quattro protagonisti sono brillanti e godibilissimi, l’affinità tra gli attori è palpabile. E poi.
La visione di Bill colpita, letteralmente dilaniata, lascia raggelati. Il primo flashback si interseca con un secondo, di cui ogni singola parola viene pesata e valutata secondo quello che accadrà, che noi abbiamo già visto. Il Dottore rivuole la sua migliore amica. Ha viaggiato per migliaia di anni, incontrato gli alieni più disparati, ha avuto un sacco di amici, qualche volta ha messo su famiglia, è perfino tornato a Gallifrey (poi è scappato di nuovo) ma, in tutto questo, non ha mai trovato qualcuno che gli somigliasse davvero. Non come il Maestro. O Missy, che dir si voglia. Twelve decide che è ora di rischiare… però rischia troppo e, tentando recuperare un’amica, finisce per perderne un’altra. L’ironia tragica della situazione è che non è nemmeno colpa di Missy, è un caso, un crudele scherzo del destino; avrebbero potuto scegliere tra migliaia di altre richieste d’aiuto.
Bill viene colpita e, da quel momento, finiscono i flashback, o i salti temporali. Il tempo scorrerà in un solo senso… e scorrerà lentissimo.

Mentre al piano 0 della nave passano pochi secondi, sul fondo ritroviamo Bill che, dopo settimane di convalescenza, è incredibilmente viva, anche se il suo nuovo cuore artificiale ha una durata limitata. Durante la sua esplorazione dell’ospedale, troviamo i due grandi ritorni che ci erano stati promessi per questo finale di stagione, anche se non nella forma che ci saremmo aspettati. I Cybermen Mondasiani per ora sono solo dei “pazienti speciali”, vittime di esperimenti il cui scopo finale dovrebbe essere l’“evoluzione” della specie umana. E poi c’è Mr. Razor, uno strambo personaggio che pare lavorare nell’ospedale e che prende subito in simpatia Bill, sostanzialmente “adottandola”. Ma la realtà è ben diversa. Ora, suppongo che la rivelazione finale del fatto che Razor fosse in realtà il Maestro dovesse essere un grande plot twist, ma… come ho già detto, John Simm mi piace molto. Forse troppo, perché anche sotto quei chili trucco l’ho riconosciuto praticamente subito. Ouch.

I Cybermen FINALMENTE mi hanno fatto paura. TANTA paura. D’altronde, è la prima volta che una storia con loro protagonisti viene scritta da Moffat (comparsate varie escluse), e lui è capace di farmi trovare spaventosa letteralmente qualsiasi cosa, se si mette d’impegno. I corridoi d’ospedale, gli uomini sottoposti a orribili esperimenti, i Cybermen convertiti ma solo in parte, che riescono ancora a provare emozioni e sensazioni, e urlano di dolore; e infine Bill, che aspetta il Dottore e sopravvive perfino a una morte certa, che mostra forza, capacità di adattamento e resistenza, tutte sue caratteristiche che già conoscevamo e che in passato l’avevano aiutata… e in questo caso invece ne demarcano la condanna. Proprio per la sua resilienza, Bill sopravvive alla conversione e diventa il primo Cybermen Mondasiano.
C’è inoltre una precisa scelta in questo episodio di non far vedere gli orrori, ma di farli solo immaginare. E, oltre al solito discorso per cui uno show per famiglie non può mostrare certe cose, è incredibilmente efficace: i pazienti nella stanza IN e quelli nella stanza OUT, il “cuore” di Bill che non ci viene mai mostrato, eppure ci basta lo sguardo di lei mentre lo tocca per la prima volta per farci rabbrividire.

Sulla presenza del Maestro su un’astronave Mondasiana per ora si possono solo proporre teorie. È un caso? È lì per assicurare la creazione dei Cybermen? A quale scopo? Sembra però quasi certo che la compresenza di Missy sia un caso, tanto più che lui ci mette mesi, se non anni, a capire chi sia. A proposito, sarà lei la sua incarnazione successiva? Se si dovesse rigenerare ora, ci sarebbero due Missy in giro?
Missy inoltre non ricorda il suo passato e, in generale, non mi è sembrata molto felice di rivedere la sua versione passata. Si sarà alleata con lui (…con sé?) per davvero o è solo un’altra delle sue macchinose strategie?

La decima stagione è stata probabilmente la più ricca di rimandi alla serie classica, ma mai come in questo episodio i due Doctor Who, il vecchio e il nuovo, sono legati. World Enough and Time pare essere un vero e proprio prequel di The Tenth Planet, il serial datato 1966 in cui hanno debuttato i Cybermen Mondasiani, di cui questo episodio ci mostra la genesi, 51 anni dopo.
Ma la serie classica non è la sola a essere omaggiata. Come ho letto da qualche parte nell’internet (purtroppo non riesco a ricordare dove), le scene con Bill nei corridoi d’ospedale ricordano molto quelle di The Empty Child/The Doctor Dances. A un certo punto la vediamo anche seduta su una carrozzina – senza averne bisogno a livello medico – proprio come Rose in quel doppio episodio. I rimandi alla primissima avventura scritta da Moffat per Doctor Who saranno un suo modo di chiudere un cerchio? Ho paura che però stavolta non ci sarà nessun “everybody lives”.

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