TWICE UPON A TIME, recensione di Six

ERRATA CORRIGE: mi riferisco al Capitano come il padre del Brig, ma, dato che è il 1914, è più probabile che sia il nonno paterno o lo zio; più in generale, un antenato.

Ed eccoci qua, con delle porte che si chiudono alle nostre spalle. Usciamo fuori dal regno di Peter Capaldi e dall’impero (del male) di Steven Moffat con un’ultima avventura, che parte dalla premessa di infrangere il tabù di fare un multidottore solo una volta ogni dieci anni (che poi ci aveva già pensato “The Two Doctors” nell’era del sesto… ah, guarda, un’altra cosa in comune tra 6 e 12!), ma si spinge decisamente più in là, dove nessuno showrunner è mai giunto prima. No, in realtà no, sto solo guardando troppo Star Trek.

Partiamo da un discorso estremamente oggettivo: la puntata è stata grottesca, atroce e carente del più basilare buon gusto per il solo motivo che non è possibile vedere, nemmeno alla moviola, il sesto Dottore nelle bolle mostrate dalla Testimonianza, cioè si amputa volontariamente del cameo del più carismatico, affascinante e impertinente Dottore della storia della serie, in un illogico atto di autolesionismo.

Ok, scherzo, ma, sul serio, che cosa costava togliere una delle tipo settantaquattro scene in cui si vede John Hurt per mettere un barlume di Colin che si alza in piedi nel tribunale?! Va beh, torniamo a noi: la puntata è molto fuori dagli schemi, mostrando un nemico che non è un nemico, una morte che non è una morte e una companion che non è una companion. Tentare di racchiudere tra i quattro bordi dello schermo più di un Dottore solo è sempre impossibile senza lasciar stillare delle perle di dialogo che fanno sempre molto ridere e non ci si può lamentare su quel punto. Mark regala una delle sue più toccanti performance (e getta le basi per ipotizzare parentele tra i Lethbridge Stewart e gli Holmes) interpretando in modo estremamente convincente il Capitano, militare di guerra malgrado l’avversità a uccidere. Viene sottinteso che sarebbe morto per mano del soldato tedesco, ossia si sarebbe sacrificato per uno sconosciuto, prezzo che pare disposto a pagare anche verso Bill. Passando proprio a lei, Pearl Mackie non ha avuto modo di esprimere la propria verve recitativa come in tante altre puntate della stagione, ma spero che il piccolo schermo non si dimentichi del talento con cui ha arricchito ogni episodio. O il grande schermo, perché no? Un adattamento per l’MCU di Riri Williams, se posso suggerire! David Bradley rispolvera quanto testato in “An Adventure in Space and Time”, saltando gli intermediari e interpretando direttamente il primo Dottore –oso dirlo?- forse meglio di quanto fatto da Hurdnall in “The Five Doctors”. Peter Capaldi ha una faccia che è un pantone di emozioni, che sfoggia a pieno durante il suo ultimo speciale.

Parliamo della trama: non c’è granché che salti all’occhio, qui. Ci sono tante belle idee, più o meno sviluppate, complice soprattutto la mancanza di un vero e proprio nemico, come già detto.

La puntata si presenta in tono candido, dicendo di stare passando per caso e di non prestare troppa attenzione a lei, come se vedessi un uomo con un particolare capo di abbigliamento dire di essere solo l’ennesimo John Smith di turno, ma, in pieno stile Moffattiano, apre le porte a chi non si vuole fermare alla superficie per costruire teorie che uniscano punti staccati… o non siano che castelli in aria.

Partiamo da quello che doveva fare, con un primo escursus importante: ho apprezzato il finale della decima stagione al punto di fare una congettura, ossia che il motivo per cui riuscisse a dare un senso al terribile finale dell’ottava stagione era quello di comunicare la capacità di Moffat di fare da tappabuchi, di rinforzare la trama di episodi passati con nuove informazioni che li rendono più plausibili, insinuando addirittura il dubbio che non fosse inteso fin dall’inizio procedere in questo modo. Difatti, per quanto la cosa sia lo zimbello di chiunque sembri avere un canale youtube o reddit che parla di Doctor Who, l’era dell’undicesimo Dottore non presenta veramente nessun buco di trama vero e proprio, affermazione che difenderò in separata sede. È forse possibile che da quella primissima apparizione di Missy all’uomo meccanico di “Deep Breath” il suo climax in “The Doctor Falls” fosse presente nelle sinapsi di Moffat? Sì, certo che è possibile. Se poi sia davvero così, non lo sapremo mai con certezza. Sta difatto che è con questo biglietto da visita –o forse carta psichica- che Moffat mette mano a forse il primissimo buco di trama della serie. In “The Tenth Planet” il primo Dottore sembra stare a meraviglia nei primi episodi, per poi venire imprigionato dai Cybermen e trovarsi –nonostante la salute di Polly dimostri che nessuna tortura sia stata fatta al Dottore- moribondo e delirante quando Ben lo libera (Ben che liberano persone è un po’ un topos, di recente). La scena successiva vuole Ben e Polly bussare alle porte del TARDIS in modo disperato, lasciando intendere che il Dottore, che a stento sembrava reggersi sulle proprie gambe, sia stato in grado di mettere grande distanza tra loro e sé, nonostante le tempeste di neve del polo sud. Bene, Moffat ci dice che è merito del “reset” che conosciamo per Smith, che precede una rigenerazione e pare continuare se ci si oppone in modo forzato a questa. E niente, tutto qui, ma è una risposta a qualcosa che prima non lo aveva. Speravo sarebbe stata rigirata la rigenerazione del primo (scena perduta), ma credo che castare qualcuno per fare un frammento di Troughton non sia il massimo. Cos’è, Shearsmith era occupato?!

Andando avanti troviamo la risposta a perché, tra tutti i militari del pianeta, il destino del Dottore sia stato tanto legato a quello del Brigadiere, personaggio che, se considerato companion, è senza dubbio quello che incontra più incarnazioni del Dottore (2, 3, 4, 5, 7 più 6 e 8 nelle audio, 11 fuori scena e 12 da cyberman, parimerito con Sarah Jane Smith), svelando nel Capitano, un antenato che sarebbe dovuto morire in guerra poco prima della tregua di Natale (e invece morirà probabilmente qualche giorno dopo, in modo da non cambiare la storia).

La Testimonianza sono delle entità piuttosto strane, solo per il motivo che ne fa parte Bill: per via della sua fuga con Heather, Bill non muore sulla nave attorno al buco nero, ma continua a vivere come Puddle, che comporta che lei abbia scelto effettivamente di tornare umana, che la Testimonianza abbia potere sui Puddles –che paiono essere superiori addirittura al TARDIS- o che abbiano preso i ricordi da cyber-Bill moribonda (posto che includano almeno parzialmente l’arrivo di Heather). Questo mi spinge, insieme al loro concetto di fondo che è estremamente simile a quello di “Death in Heaven” a considerare che la Testimonianza possa essere un futuro in cui convergono umani e cybermen. Altri indizi a favore sono la rassomiglianza tra il loro tempio e la tomba dei Cybermen e la presenza tra i loro ranghi di Nardole, il cui destino ultimo è probabilmente la morte per argentea mano o la conversione sulla Nave. Tutto questo non è che un head canon, ma è sempre bello speculare.

E come ignorare il piccolo ma utile cameo di Rusty, che a miliardi di anni di distanza si ricorda della storia “you are a good dalek”, con cui Moffat ricorda di aver saputo utilizzare almeno una volta i dalek in modo creativo, nonostante abbia esplicitamente dichiarato il contrario. Dalek senza armatura sono un po’ come i protocyberman, mostrando un nemico sotto un’altra luce, non necessariamente più potente, ma decisamente terrificante… eccetto che qui sono davvero di sottofondo, non godendo delle luci della ribalta dei loro eterni rivali come cyborg nemici del Dottore.

Una storia che si presenta come un anonimo John Smith, che non avrà alcuna influenza sulla vostra vita, come dicevo, ma, proprio come John Smith, la storia sta mentendo sulla sua identità, correlando insieme tante puntate di ere distinte, spingendoci a dubitare di noi quando dividiamo Doctor Who in classica e nuova, messaggio che Moffat ha ostentato in ogni modo possibile, fin troppo manifesto e anche celato, dedicando ogni episodio a un Dottore che ha preceduto Capaldi con piccoli easter egg in ogni puntata (rispettivamente 5, 7, 6, 1, 4, 8, 3, 10, 2, 11, 9 e war).

Infine abbiamo il Dottore, che decide all’ultimo di rigenerare, con un gesto tanto arbitrario quando la sua decisione di non farlo. E qui vi chiedo di seguirmi in un’ultima divagazione, estremamente personale: quando ero giovane e pieno di speranze per l’umanità, la mia professoressa di inglese mi ha interrogato su non so cosa, che non avevo minimamente studiato, ma su cui tenni comunque una lunga disquisizione. Accanto a me, interrogata insieme, una compagna che non aprì bocca, per via del carattere estremamente introverso. Il voto fu 7 a entrambi, cosa che lasciò me senza parole: potevo aver peccato di preparazione e ne ero pienamente consapevole, non pretendevo nemmeno la sufficienza o un voto più alto, ma mi lasciava basito aver preso lo stesso voto di chi fosse stato semplicemente zitto. L’insegnante spiegò, dando ragione a Woodie Allen, che era perché per me è facile parlare, mentre per lei molto difficile. Allo stesso modo sarei entusiasta della storia, se non fosse di Moffat, se non fosse che le mie aspettative erano estremamente alte, specie per l’ultimo urrà dello showrunner. Il risultato finale, mi è sembrato blandamente sufficiente, specie tenendo a mente la scena della rigenerazione, quel momento che ognuno di noi ricorda e tiene sempre caro per ogni Dottore, soprattutto nella nuova. You were fantastic and so was I, I don’t wanna go, When The Doctor was me… Moffat li ha studiati tutti o quasi, al punto di averceli fatti rivedere in fondo al finale. Persino diversi Dottori della classica trovano una loro sistemazione in quella ratatouille di monologhi, fino a culminare con il secondo “No! No! No! Nooooooooooooo!”

Ci sono gli spettatori occasionali di Doctor Who e ci sono quelli che ascoltano ogni singola parola, con tutte le sfumature nel mezzo. Chi verte di più verso la seconda parte può aver notato quello che ho notato io, che da un senso a tutto: mentre l’arco orizzontale di Smith è stato puramente un’unica grande storia attiva, qui abbiamo un percorso etico. Abbiamo la serie 8, in cui il Dottore si chiede se sia un uomo buono, dove il Dottore è un ufficiale che usa le persone come pedine per vincere le guerre, rendendosi conto che non doveva essere così, ma essere solo l’idiota di turno con un cacciavite che da una mano. La stagione 9 che toglie di mezzo quel cacciavite e mostra fin dall’inizio che il Dottore ha un tale peso che non è plausibile che dia una mano e basta, le sue azioni hanno conseguenze, possono creare Davros o dare il concetto di pietà a un Dalek; così il Dottore prende in mano il destino del tempo, ne diventa il padrone come ha fatto il decimo prima di lui e fa di tutto perché non muoia più nessuno e crea Ashildr, diventando l’Ibrido insieme a Clara che ha perso ogni freno, finché non si rende conto che neanche questo è possibile. Buono o cattivo? Spietato o Incorruttibile? Non è questa la cosa importante, non è questa la cosa che fa la differenza, non è con dei cartellini che diventa cortese, ma con gesti gentili, come stalkerare la madre della tua pupilla per darle delle foto. È quello che salva il mondo dai Monaci. Un gesto gentile. Non puoi essere gentile, anche solo una volta? È la sua risposta, la sua giusta via di mezzo, la stessa risposta che ha sempre portato in faccia tutto il tempo, in quanto tema di “The Fires of Pompeii”, che pure ha frainteso. “Non salvare tutti, salva chi puoi” disse Donna. E ora che lo sa, deve cambiare e no, non lo può accettare. Non dopo che la stessa Bill ha detto “Non voglio vivere se non posso essere me stessa”. Non accetta che siano solo i ricordi a fare una persona, come vuole la Bill della Testimonianza, perché è questo che dovrebbe succedergli se rigenerasse, manterrebbe la memoria, ma sarebbe un altro. Eppure Clara gli mostra quanto importino i ricordi. Ah, per inciso, cameo di Jenna nello speciale, lo avevo detto prima delle voci, just saying, sia mai che Stewie possa chiudere la serie senza avere la sua cocca sul set almeno un pochino! Clara gli mostra quanto importino i ricordi e, in fondo siamo solo storie alla fine. L’universo ha bisogno del Dottore. L’universo non può fare a meno del Dottore, che è il primo messaggio della prima puntata di Moffat mai mandata in onda, che conteneva la sua prima scena rigenerativa (o meglio, diverse): The Curse of Fatal Death, un comico squisitamente britannico in cui il dodicesimo Dottore (E. Grant, mi pare) non può rigenerare perché colpito da raggi troppo potenti, ma lo fa perché è l’Universo a imporlo. E allora sì, chi può uccidere fare un altro giro? Solo lui…

E allora perché il discorso di Capaldi non è di impatto, non regge il moccolo a quello di 11 o 10? Perché, come già detto nei commenti, quella non è solo l’ultima scena di Capaldi. È anche l’ultima scena di Moffat, in cui attore e showrunner mandano un messaggio all’unisono a chi li seguirà e si perdono in tutte le raccomandazioni del caso: cosa è importante mettere, l’humor, l’eroismo e ricordarsi che lo show dovrebbe sempre essere rivolto ai bambini (è per questo che affronti sempre il tema della morte, Moffie?!). Addirittura un terzo grande lascia la nostra serie e lo sentiamo nelle note, da Hologram al tema di Heaven Sent, che ha composto per renderla memorabile in questi DODICI ANNI, Murray Gold. Grazie.

Lo stanno dicendo all’unisono, mentre ci chiudiamo quelle porte alle spalle, speranzosi di trovare le cose forse cambiate, ma sempre, comunque, incredibilmente e stupendamente più grandi all’interno:

-Aspetta un secondo, “Dottore”!
-Facciamo le cose per bene. Ho un paio di cose da dirti: prima le cose di base. Non essere mai crudele, non essere mai codardo… e non mangiare mai le pere! Ricorda: l’odio è sempre idiota e l’amore è sempre saggio! Prova sempre a essere garbato, ma assicurati di essere gentile… oh, e… non dire mai a nessuno il tuo nome!
-Tanto nessuno lo capirebbe comunque. Tranne… tranne i bambini, I bambini possono capirlo bene. A volte. Se il loro cuore è al posto giusto e se lo sono anche le stelle, i bambini possono sentire il tuo nome. Ma nessun altro. Nessun altro. Mai.
-Ridi forte. Corri veloce. Sii gentile. Dottore…
-…ora puoi andare (ti lascio andare).

~Six, che indosserà il mantello blu con gli orridi fronzoli dorati [ref needed]

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