THE PYRAMID AT THE END OF THE WORLD, recensione di Saki

Nella mia recensione di Extremis avevo augurato a Bill di poter ripetere nella realtà l’appuntamento con Penny e sono stata accontentata. Alla luce di quanto accaduto nell’ultima puntata, però, le suggerirei caldamente di non ritentarci: le mille incomprensioni fra Clara e Danny, dovute alla doppia vita della Ragazza Impossibile, alle sue bugie e omissioni a riguardo, sono ancora scolpite nel mio cuoricino sensibile di fangirl.

The Pyramid at the End of the World è scritta da Peter Harness, già autore del doppio episodio con gli Zygon della scorsa stagione, a quattro mani con Steven Moffat. E i punti in comune sono tanti.
Il Dottore torna infatti ad indossare le vesti del Presidente della Terra, chiamato a gestire una situazione misteriosa e delicatissima: una enorme piramide è comparsa dal nulla in Turmezistan… sì, proprio il Paese fittizio dove i terroristi Zygon avevano la loro base. Sappiamo che non gli piace essere “prelevato” – e questa volta non possiamo incolpare la UNIT, bensì direttamente le Nazioni Unite – ma la questione è urgente e il TARDIS si ritrova improvvisamente su un aereo.

La piramide si rivela un’astronave dei Monaci, che dalle simulazioni virtuali di invasione vogliono passare ai fatti… ma hanno bisogno del consenso delle massime autorità terrestri per diventare padroni del mondo. Grazie alla loro tecnologia sono in grado di annunciare un disastro imminente, che porterà alla fine della vita sul pianeta se i suoi abitanti non accetteranno la schiavitù.
La stretta di mano fra rappresentanti di nazioni diverse è decisamente un momento toccante della puntata, impreziosito dalla citazione di John Lennon. Ma non è di pace e fratellanza fra i popoli che Harness sceglie di parlare in quest’avventura; nessun discorso memorabile del Dottore, che a causa della propria cecità sta per fallire nel suo piano altrimenti brillante.

I Monaci desiderano infatti una resa incondizionata, pura nelle intenzioni: “La paura non è consenso. La strategia non è consenso. Ci serve il vostro amore”. E percepiscono questo amore e questa purezza in Bill, ridando la vista al Dottore e permettendogli di salvare il mondo, naturalmente al caro prezzo del dominio sull’umanità.
Queste frasi, pur brevi e disseminate lungo i dialoghi, portano con sé un messaggio universale che va al di là della trama stessa, se estrapolate dal contesto e applicate a temi importanti come la violenza sessuale o lo sfruttamento della prostituzione.
Il Dottore sarà anche solo un pazzo in una cabina, fragile a suo modo, e tanto orgoglioso da commettere errori giganteschi. Ma Doctor Who si riconferma più che mai uno show che insegna valori preziosi e fa riflettere sul passato, sul presente e ci fa dare una sbirciatina sui possibili futuri, un po’ come con le simulazioni dei Monaci… con le migliori intenzioni, però, e con il nostro affettuoso consenso.

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