EMPRESS OF MARS, recensione di Dalek Oba

Cosa posso dire? A me Mark Gatiss piace. Talvolta non lo capisco, però mi piace. Non è lo sceneggiatore perfetto, però trovo che abbia qualcosa di affascinante anche e soprattutto con le sue imperfezioni, nonché uno stile ben preciso e rimasto coerente negli anni. Insomma, un suo episodio può piacere come non piacere (e alcuni non mi sono piaciuti, intendiamoci), però è difficile che non rimanga impresso. Ma la cosa che mi piace di più di lui è che… si diverte. Ha tutto il tempo e lo spazio a sua disposizione, nonché più di cinquant’anni di mitologia Whovian – che dimostra di conoscere bene – e palesemente ci gioca, combinando insieme gli elementi come un bimbo che assembla i mattoncini Lego. Empress of Mars mi ha dato questo senso di divertimento, di episodio a sé stante (con giusto un minimo di trama orizzontale), scritto perché… sì e, dopo il carico emotivo della trilogia dei Monaci, credo che fosse necessario tirare il fiato.

A Gatiss piace giocare, dicevo, e accostare elementi in apparenza non amalgamabili. In particolare, ama inserire alieni in vari punti della storia umana e non è un caso se, su nove episodi, ne abbia scritto solo uno ambientato nel presente e sempre solo uno nel futuro. In Empress of Mars c’è però una palese variazione sul tema, perché questa volta sono gli umani a essere inseriti nella storia aliena, in particolare quella marziana. Gatiss tuttavia introduce questa novità giocando con elementi a lui ben noti, quali l’epoca vittoriana, che utilizza per la terza volta, e gli Ice Warrior, specie originaria di Marte presente per lo più nella serie classica, che però lo stesso sceneggiatore aveva riportato in auge nel reboot con l’episodio Cold War.

Dopo questa lunga ma dovuta premessa, parliamo di Empress of Mars! Ho amato follemente scenografie e costumi, le tute ipertecnologiche del team Tardis (che fine hanno fatto quelle arancioni?) e quelle steampunk dei soldati vittoriani creavano un contrasto ben riuscito, mentre l’amalgama tra presente, passato e alieno mi ha regalato il giusto livello di stupore, senza che nessun elemento risultasse fuori posto.
Mi ha divertita molto il continuo gioco di citazioni, sia interne al Whoniverse, che esterne. Gatiss fa “scappare” il Tardis di fronte agli Ice Warrior proprio come era successo in Cold War, e fra pronunciare all’Imperatrice Iraxxa la frase “Sleep no more”, titolo di un altro episodio scritto da lui. Inoltre il quadro della Regina Vittoria che appare tra le tende riprende le fattezze dell’attrice Pauline Collins, che l’ha interpretata in Tooth and Claw. Il vero capolavoro però è il finale, in cui, dopo ben 43 anni di assenza dalla serie, torna Alpha Centauri, l’alieno monoculare apparso per la prima volta nel serial The Curse of Peladon (1972), proprio in compagnia degli Ice Warrior; il personaggio è perfino doppiato dalla stessa attrice, Ysanne Churchman.
Tra i riferimenti esterni ci sono il film The Vikings, del 1958, e i classici anni Ottanta Terminator e The Thing, tutti citati da Bill, mentre il Dottore mostra preferenze chiaramente più “disneyane”, citando prima in modo involontario Star Wars con la battuta “I’ve got a bad feeling about this”, e poi… Frozen!

La trama dell’episodio è semplice, ma non banale, e non priva di spunti di riflessione. Ho apprezzato come molti dei soldati vittoriani abbiano avuto una propria caratterizzazione, senza essere semplicemente una massa anonima; ho anche trovato coerente con la mentalità dell’epoca, in modo davvero inquietante, il fatto che venga considerato molto meno assurdo partire alla volta di Marte per conquistarlo nel nome della Regina Vittoria… rispetto alla presenza delle donne in polizia.
Anche Iraxxa e Friday sono due personaggi bene caratterizzati, la prima ovviamente dedita alla guerra, ma infine non del tutto cieca verso la possibilità di evitarla, e il secondo più interessato a salvare il suo popolo, dopo le molte fatiche per ritrovarlo.
Una menzione speciale va fatta alle armi degli Ice Warrior, capaci di “accartocciare” i nemici: inquietanti al punto giusto e funzionali in uno show per famiglie in cui non può essere mostrato troppo sangue.

Il finale della recensione è, come di consueto, dedicato a Missy, che apparentemente continua il suo percorso verso la bontà, questa volta addirittura andando a salvare il Dottore e Bill. Non mi voglio dilungare sulla decisione di Nardole di farla uscire… anche perché ne ha già parlato Brig nella sua bella rubrica di martedì scorso Tuesday Theories; vorrei però fare un plauso alla recitazione di Peter Capaldi e Michelle Gomez. In questo episodio condividono meno di un minuto di screentime e più o meno quattro battute, però nei loro sguardi e nei loro movimenti c’è tanto di quel non detto da riempire intere puntate. Il mistero del Vault sarà anche stato risolto settimane fa, ma la trama orizzontale della stagione secondo me ci riserverà ancora molte sorprese.