John Hurt

Questo Weeklyactors è dedicato a un personaggio particolare, un attore straordinario, uno dei Grandi del cinema contemporaneo, senza “se” e senza “ma”: John Hurt. Il suo contributo per la settima arte è impagabile e vederlo apparire all’improvviso in Doctor Who ci ha certamente sorpresi, ma anche e soprattutto fatti felici. La sua performance nei panni del War Doctor è (troppo) breve, ma ha di certo regalato un valore aggiunto alla serie.

John Vincent Hurt nasce il 22 gennaio 1940 a Shirebrook, un villaggio del Derbyshire. È il più piccolo di tre fratelli, e i loro genitori sono Phyllis, ingegnere e attrice amatoriale, e Arnould Herbert Hurt, un matematico nonché sacerdote anglicano. Proprio per la professione del padre, la famiglia si sposta più volte durante gli anni. L’educazione di John e dei suoi fratelli è severa: non possono fare amicizia con gli altri bambini, troppo “ordinari”, e non possono andare al cinema. John si appassiona lo stesso alla recitazione, un po’ grazie all’ambiente scolastico, un po’ per aver visto Sir Alec Guinnes interpretare Fagin in Oliver Twist (1948). Sua madre lo porta spesso a teatro, ma la famiglia cerca di scoraggiare le sue ambizioni, spingendolo a diventare un insegnante di arte. A 17 anni comincia quindi a frequentare la Grimsby Art School e poi, nel 1959, la Saint Martin’s School of Art di Londra. Alla fine però l’amore per la recitazione prevale e, l’anno successivo, vince una borsa di studio per frequentare la RADA, debuttando poi nel 1962.

Appare in piccoli ruoli televisivi e a teatro, in Inadmissible Evidence (1965), Macbeth (1967), Man and Superman (1969), Romeo and Juliet (1973), The Caretaker, The Dumb Waiter e Travesties (1974). Il primo film in cui recita è The Wild and the Willing (1962), il primo in cui ha una parte importante è A Man for All Seasons (1966) e il primo a fargli ottenere una nomination ai BAFTA è 10 Rillington Place, nel 1971. Il ruolo che lo porta al successo è quello di Quentin Crisp in The Naked Civil Servant (1975) e, questa volta, il BAFTA lo vince anche. Curiosamente, reinterpreterà lo stesso personaggio nel 2008, in An Englishman in New York.
Nel 1976 è acclamato per la sua interpretazione di Caligola nel serial storico della BBC I, Claudius e, due anni dopo, la sua partecipazione a Midnight Express gli vale un Golden Globe, un BAFTA e una nomination agli Oscar. Tra gli anni Settanta e Ottanta recita in Little Malcolm (1974), Alien (1979), The Elephant Man (1980), che gli fa vincere un altro BAFTA e ottenere altre nomination per i Globe e gli Oscar, The Osterman Weekend (1983) e Nineteen Eighty-Four (1984). Negli anni Novanta appare anche in The Field (1990) e in Contact (1997).
John Hurt ha anche modo di mostrare le sue doti di doppiatore, ad esempio per il cartone animato tratto da The Lord of the Rings (1978), in cui interpreta Aragorn, per The Black Cauldron della Disney (1985) e, in tempi più recenti, per la serie TV BBC Merlin (2008-2012), in cui dà la voce al drago Kilgharrah.
Negli ultimi anni partecipa alla saga di Harry Potter (2011-2011) e a quella di Hellboy (2004-2008), oltre che a film come V for Vendetta (2006), Tinker Tailor Soldier Spy (2011), Only Lovers Left Alive (2013) e Snowpiercer (2013). Una curiosità: nonostante spesso si associ Sean Bean a questo primato, in realtà è John Hurt a detenere il record per il maggior numero di morti sullo schermo… ben 47!

Nel 2013 compare in Doctor Who nel ruolo del War Doctor, una rigenerazione mai conosciuta prima che si colloca tra l’Ottavo e il Nono Dottore. Le sue apparizioni si limitano agli ultimi minuti della settima stagione, al corto The Night of the Doctor e all’episodio speciale per i cinquant’anni della serie, the Day of the Doctor. Nonostante il suo screentime limitato, il War Doctor è un personaggio fondamentale per la serie, e di certo il carisma e le doti di John Hurt contribuiscono a renderlo una figura indimenticabile.
Hurt è l’attore più anziano finora ad aver interpretato il Dottore, nonché l’unico a essere stato candidato agli Oscar e a essere un Commander of the Order of the British Empire (CBE).
Oltre alle puntate sopraccitate, ha anche preso parte a una serie di audiodrama per la Big Finish.

John Hurt si è sposato ben quattro volte, la prima dal 1962 al 1964 con l’attrice Annette Robertson. Al matrimonio segue una lunga convivenza con la modella francese Marie-Lise Volpeliere-Pierrot, che però viene tragicamente a mancare a causa di un incidente mentre va a cavallo, nel 1983. Dal 1984 al 1990 Hurt è sposato con un’altra attrice, Donna Peacock e, dal 1990 al 1996, con l’assistente di produzione Joan Dalton, con cui ha i figli Alexander “Sasha” John Vincent Hurt e Nicholas “Nick” Hurt. Dopo sette anni di relazione con la presentatrice e scrittrice Sarah Owens, si sposa per la quarta volta nel 2005, con la produttrice Anwen Rees Meyers. In occasione del matrimonio smette anche di bere, nonostante i seri problemi con l’alcool avuti in passato.
Dopo essere stato nominato CBE nel 2004, Nel 2015 John Hurt è stato anche nominato Knight Bachelor of the Order of the British Empire, per i servizi resi come attore.

Consigli di Visione

Beh, la lista di attori britannici che NON hanno recitato in Harry Potter è piuttosto corta. John Hurt è stato ingaggiato per un ruolo breve, ma molto importante: Ollivander, il fabbricante di bacchette. È infatti lui a vendere a Harry la sua bacchetta magica, nel primo film, The Philosopher’s Stone (2001), spiegandogli anche come sia in qualche modo la “gemella” di un’altra bacchetta, quella di Voldemort, cominciando così a far intuire agli spettatori l’importanza della connessione tra protagonista e antagonista…
Ollivander torna poi nel finale della saga, The Deathly Hallows Part 1 e Part 2 (2010 e 2011) – un episodio del quarto libro, The Goblet of Fire, che lo vedeva protagonista è purtroppo stato tagliato nel film – in cui viene fatto prigioniero da Voldemort, ma poi salvato da Harry, a cui dà consigli preziosi per sconfiggere il suo nemico.
Il fabbricante di bacchette viene descritto nei libri, dal punto di vista di Harry, come un uomo anziano e gentile, ma anche capace di mettere in soggezione, leggermente inquietante, ambiguità che Hurt mantiene nella sua interpretazione.

“In a land of myth, and a time of magic” …chi si ricorda queste parole? Erano l’introduzione a ogni puntata della serie TV britannica Merlin, andata in onda per cinque stagioni, dal 2008 al 2012, e, nella versione originale, era proprio John Hurt a pronunciarle. L’attore ha anche e soprattutto prestato la sua voce al Grande Drago Kilgharrah.
La serie è basata sul ciclo arturiano, ma con profonde differenze: innanzitutto, mostra un mondo in cui la magia è stata bandita dal re, Uther, e Merlin, un giovane ma potente stregone, è costretto a nascondere la sua vera natura. Nella serie Merlin e Arthur sono coetanei, ed entrambi molto giovani, e uno è il servitore dell’altro, anche se col tempo tra i due si stabilirà una solida amicizia. Merlin scopre Kilgharrah imprigionato nei sotterranei del castello, ultimo drago vivente tenuto in catene da Uther come esempio per tutte le creature magiche. Il rapporto tra i due non è sempre facile, poiché il drago afferma di voler aiutare Merlin, ma non sempre lo fa per fini altruistici: cerca innanzitutto di ottenere la sua libertà, e poi spesso i suoi consigli sono più votati alla realizzazione di un ipotetico futuro da lui previsto che al risolvere i problemi del presente. John Hurt quindi interpreta nuovamente un personaggio magico che, come Ollivander, aiuta il protagonista della storia, ma allo stesso tempo è ambiguo.

Forse non tutti sanno che nella famosissima scena di Alien (1979) in cui l’alieno esce all’improvviso dallo stomaco di uno dei personaggi… il proprietario del suddetto stomaco era proprio John Hurt. E vi dirò di più: solo lui di tutto il cast era al corrente di come sarebbe stata girata la scena. Gli altri attori erano vagamente consapevoli che una marionetta a forma di alieno sarebbe uscita da un finto torace collocato strategicamente, ma niente di più. Per cui, quando è cominciato a schizzare sangue finto ovunque e l’alieno ha cominciato a muoversi, le scene di panico degli interpreti sono state assolutamente reali, e non recitate.
Il tutto per dare maggior realismo alla scena…

Dettagli splatter a parte, la saga horror-fantascientifica è probabilmente una delle più famose al mondo, e conta di ben tre sequel (Aliens, 1986, Alien3, 1992 e Alien: Resurrection, 1997) e due prequel (Prometheus, 2012 e Alien: Covenant, che uscirà il prossimo anno). In Doctor Who è stata direttamente citata nello speciale di Natale del 2014, Last Christmas, in cui però al Dottore non sembra andare molto a genio, specialmente per il titolo…

…ovvero quei film, o serie di film, tratti dai fumetti. Come ad esempio Hellboy, diretto nel 2004 da Guillermo del Toro e ispirato al fumetto creato da Mike Mignola. Hellboy – Red per gli amici – è un demone dalla forza sovraumana che lavora per il BPRD (Bureau of Paranormal Research and Defense) insieme ad altri agenti dalle capacità sovrannaturali. Il film è un adattamento particolarmente fedele ai fumetti, poiché il regista è un loro grande fan, e lo stesso Mignola ha potuto supervisionare le riprese in qualità di produttore esecutivo. John Hurt interpreta il professor Trevor “Broom” Bruttenholm che, durante la Seconda Guerra Mondiale, sottrae un Hellboy ancora bambino ai nazisti (che avevano aperto un portale verso l’inferno per avere nuove invincibili armi), per poi crescerlo come un figlio. Nel sequel Hellboy II: The Golden Army (2008), Hurt appare nuovamente nello stesso ruolo in un flashback, proprio mentre sta raccontando al giovane Red una storia.

Cambiamo del tutto genere con V for Vendetta, film diretto da James McTeigue e sceneggiato da Lana e Lilly Wachowski, tratto dalla graphic novel di Alan Moore.
Nella trama viene presentato un futuro distopico in cui l’Inghilterra è sotto un regime totalitario, contrastato dal misterioso V, che nasconde il suo vero aspetto sotto una maschera di Guy Fawkes.
John Hurt interpreta proprio il capo del regime, il Cancelliere Adam Sutler (Adam Susan nel fumetto) e viene mostrato per quasi tutto il film mai dal vivo, ma sempre attraverso uno schermo, da cui si può vedere solo il suo volto, ingigantito e minaccioso, sia mentre tiene discorsi ai cittadini, sia mentre urla ordini ai suoi sottoposti. Solo verso la fine appare finalmente in carne e ossa, e per quello che è: un uomo piccolo e incompetente.
Il film presenta molteplici differenze rispetto alla graphic novel, tanto che Alan Moore si è totalmente dissociato dal progetto mentre, al contrario, il disegnatore David Lloyd si è dichiarato soddisfatto dall’adattamento. A mio parere, sono entrambe opere molto valide e legate al periodo storico in cui sono uscite (il fumetto è stato pubblicato tra il 1982 e il 1985, il film è del 2006). Consiglio quindi, a chi fosse interessato, sia di leggere l’uno, che di vedere l’altro (nell’ordine che si preferisce), al fine di averne una conoscenza più completa.

Lo so, avrei potuto scegliere un… titolo migliore. Però questi due film non hanno proprio nulla in comune che li possa collocare in una stessa categoria, se non che sono tra i miei preferiti in assoluto, tra quelli che sceglierei di portare con me su un’isola deserta, per capirci. E poi mi sono resa conto: hanno entrambi due titoli parecchio lunghi. Sto parlando di Tinker Tailor Soldier Spy (2011, uscito in Italia come La talpa) e di Only Lovers Left Alive (2013, in Italia Solo gli amanti sopravvivono).

Del primo film, tratto dall’omonimo romanzo di John le Carré, abbiamo già parlato in riferimento a Michael Jayston, che aveva recitato nella miniserie del 1979. Se la serie è un adattamento piuttosto pedissequo, il film del 2011, diretto da Tomas Alfredson, parte da un’eccellente conoscenza del materiale di base, per poi letteralmente “giocarci” per fini più autoriali. In questo modo alcuni personaggi vengono modificati, alcuni episodi dell’intreccio vengono cambiati di ordine, senza tuttavia stravolgerli. Il risultato è un prodotto ancora molto fedele al romanzo, ma allo stesso tempo capace di esistere autonomamente. Per la cura dei dettagli, degli ambienti e delle scenografie, Tinker Tailor Soldier Spy è un vero e proprio omaggio sia al libro di partenza, sia agli anni Settanta in generale. La trama ruota tutta intorno all’esistenza di una talpa all’interno dei Servizi Segreti Britannici e alle indagini compiute da George Smiley, ex agente interpretato da Gary Oldman, per smascherarla. John Hurt ricopre il ruolo di Control, capo dei Servizi Segreti che all’inizio del film si ritira, per poi morire poco dopo. La sua presenza fisica è quindi limitata ai primissimi minuti, tuttavia il suo personaggio continua ad apparire per tutta la durata del film, in forma di flashback o semplicemente di ricordo, come uno spettro che continua ad aleggiare e non può andarsene, se non a indagini concluse.

Only Lovers Left Alive è invece un film del 2013 diretto da Jim Jarmusch e parla… di vampiri. Ma non dovete immaginarvi drammi amorosi o lotte all’ultimo sangue, non nel senso classico, in ogni caso. Il film è più una riflessione estetica e filosofica su come vive chi può virtualmente vivere per sempre. Adam e Eve sono due vampiri – interpretati da Tom Hiddleston e Tilda Swinton – che si amano profondamente, e si amano da secoli. Il film comincia e finisce in medias res, senza una vera e propria trama, ma non per questo è ostico alla comprensione, o noioso. È come se allo spettatore fosse data la possibilità di “spiare” per un po’ la vita di questi due essere sovrannaturali, per capire se siano poi così tanto diversi da noi. Adam e Eve utilizzano l’illimitato tempo a loro disposizione leggendo moltissimo, imparando il più possibile su tutto, dalle scienze alla musica, ma anche semplicemente ballando insieme, o giocando a scacchi. La riflessione finale è che la vita, che sia immortale o meno, dovrebbe essere trascorsa “surviving things, appreciating nature, nurturing kindness and friendship, and dancing” (trad. sopravvivendo alle cose, apprezzando la natura, coltivando la gentilezza e l’amicizia, e ballando).
John Hurt qui interpreta un amico della coppia, Christopher “Kit” Marlowe e… no, non è un omonimo. Kit è proprio il poeta britannico del Cinquecento che, nella finzione filmica, non è morto… è semplicemente diventato un vampiro.

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