SMILE, recensione di Saki

Non c’è niente di nuovo sotto il sole, recita il proverbio, e ciò è più che mai vero in una serie come Doctor Who. La colonia umana nel futuro? Automi che sviluppano una coscienza? Ogni dettaglio della trama mi ricorda una diversa avventura già vissuta dal Dottore, dal 1963 in avanti. Eppure c’è sempre un elemento che dona freschezza, come un rametto di rosmarino colto in un orto impollinato da nano-robot; perché questo episodio, così com’è, potrebbe essere stato scritto solo oggi.
Fra il mondo virtuale, dove rimbalzano iperboli in un fitto codice di false emozioni amplificate, e il mondo reale – dove la paura e la rabbia sono una cosa sola e spesso non lasciano spazio al dolore, quello sano, purificatore, la tempesta prima del sereno… esiste uno spazio dove possiamo sentirci pienamente umani?
Fra i due mondi alla fine il Dottore getta un ponte, permettendo ai coloni e alle macchine di ricominciare da capo, insieme.
E noi, che cosa faremo domani: sorrideremo solo con gli emoji o allargheremo la nostra, di faccia, in un’espressione sincera, triste o felice che sia?

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